L’obbligo di visitare il minore da parte del padre non è coercibile

Cassazione Civile, sez. I, ordinanza 6 marzo 2020, n. 6471

Violazione obblighi di frequentazione del minore –Misure di coercizione indiretta

Artt. 614 bis e 709 ter c.p.c.

Articolo di Giuseppina Vassallo del 5/05/2020 in eclegal.it

Il diritto-dovere di visita del figlio minore che spetta al genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione neppure nella forma indiretta di cui all’art. 614-bis c.p.c., trattandosi di una potere-funzione che è destinato a rimanere libero nel suo esercizio, frutto di scelte autonome che rispondono anche all’interesse superiore del minore a una sua crescita sana ed equilibrata.

CASO

In un giudizio per l’accertamento della paternità naturale proposto dalla madre di un minore, il Tribunale di Chieti aveva sanzionato, ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c., l’inadempimento del padre agli obblighi di visita fissati per regolamentare gli incontri con il figlio.

La sentenza aveva stabilito che il padre versasse alla madre del minore la somma di 100 euro per ogni futuro inadempimento all’obbligo di incontrare il figlio.

La Corte d’appello confermava il provvedimento di primo grado.

Il padre ricorre in Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 614-bis c.p.c. in combinato con l’art. 709-ter c.p.c.

Entrambe le disposizioni rappresentano misure di coercizione indiretta introdotte di recente nel nostro ordinamento.

L’art. 614 bis c.p.c. prevede che, con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, il giudice può fissare, su richiesta della parte, un importo dovuto dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.

Secondo il ricorrente tale disposizione non sarebbe stata applicabile agli obblighi di visita del figlio. Al diritto del minore di ricevere visite corrisponderebbe un diritto potestativo del genitore rimesso alla sua disponibilità e non coercibile.

Nel giudizio si costituisce la madre del bambino sostenendo che la natura della sanzione prevista dall’art. 614-bis c.p.c., ben può essere applicata alla fattispecie di violazione degli obblighi di visita, poiché mira a rendere i genitori consapevoli della gravità delle condotte assunte, e indurli a un corretto adempimento delle disposizioni riguardanti i reciproci rapporti personali e alle modalità di affidamento e frequentazione dei figli.

SOLUZIONE

La Corte suprema è chiamata a stabilire se il diritto-dovere di frequentare il figlio minore proprio del genitore non collocatario – condotta non fungibile – sia coercibile in via indiretta con le modalità di cui all’art. 614-bis c.p.c., su iniziativa dell’altro genitore.

Occorre esaminare in cosa consiste il “diritto-dovere” di visita del genitore non convivente con figlio:

a) in quanto diritto, e quindi nella sua declinazione attiva, esso è tutelabile rispetto alle violazioni e inadempienze dell’altro genitore, che non deve impedire o ostacolare l’esercizio dell’altrui diritto;

b) in quanto dovere, e quindi nella sua declinazione passiva, resta invece fondata sull’autonoma e spontanea osservanza dell’interessato e, pur nella finalità di favorire la crescita equilibrata del figlio, non è esercitabile in via coattiva dall’altro genitore, in proprio o quale rappresentante legale del minore.

La frequentazione del figlio minore – secondo la Cassazione – è espressione della capacità di autodeterminazione del soggetto e deve essere rimesso, nel suo esercizio, alla libera e consapevole scelta. Nel caso di specie il genitore aveva, inoltre, opposto un rifiuto temporaneo e a causa di uno stato di ansia derivante dalla difficile relazione genitoriale.

Non è pertanto applicabile la così detta astreintes mediante la norma di cui all’art. 614-bis c.p.c.

Il diritto- dovere di visita che riguarda la relazione fra il genitore e il figlio può trovare regolamentazione nei suoi tempi e modi, ma non può costituire l’oggetto di una condanna ad un facere sia pure infungibile.

L’emanazione di un provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. sarebbe in contrasto con l’interesse del minore il quale subisce una “monetizzazione preventiva” e una conseguente “banalizzazione” di un dovere essenziale del genitore nei suoi confronti, come quello alla sua frequentazione.

Ciò non esclude che la violazione dei doveri genitoriali di cui all’art. 147 c.c., e quindi dei provvedimenti di affidamento dei figli minori, possa portare a una modifica dei provvedimenti in vigore, o all’emissione di provvedimenti de potestate, fino alla decadenza dalla responsabilità genitoriale.

QUESTIONI

La Corte ha richiamato le fattispecie previste dall’art. 709 ter c.p.c., intitolato Soluzioni delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni, relative alle modalità di affidamento dei figli minori, al fine di evidenziare la differenza con il disposto di cui all’art. 614 bis c.p.c.

La norma prevede, in effetti, ipotesi di risarcimento e di sanzioni amministrative a fronte di un danno già integrato dalla condotta di uno dei genitori, ma non introduce una coercizione preventiva e indiretta di un dovere nel caso di trasgressione futura.

In materia, si segnala la sentenza del Tribunale di Mantova (Trib. Mantova 12 luglio 2018) secondo cui i provvedimenti riguardo ai figli che il giudice deve adottare riguardo al regime di affidamento, alla regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, e alla determinazione dei tempi e delle modalità di presenza dei figli presso ciascun genitore, non comportano statuizione di condanna a carico dell’uno o dell’altro genitore.

Il tribunale lombardo ha dichiarato inammissibile la domanda di condanna di pagare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 614 bis c.p.c., un importo in denaro, per ogni violazione o inosservanza dei provvedimenti di cui all’emanando decreto, in via preventiva.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha sottolineato che le autorità nazionali, nell’attuare l’obbligo di adottare misure idonee a garantire il diritto alla bigenitorialità e a riavvicinare il genitore e il figlio non convivente, possono ricorrere alla coercizione solo in modo limitato poiché “esse devono tener conto degli interessi, nonché dei diritti e delle libertà di dette persone e in particolare dell’interesse superiore del minore e dei diritti conferiti al medesimo dall’art. 8 della Convenzione (casi Voleský c. Repubblica Ceca, 29 giugno 2004 e (Reigado Ramos c. Portogallo, 22 novembre 2005).

Secondo la CEDU, dunque, è necessaria grande prudenza prima di ricorrere alla coercizione in una materia così delicata.

Centro Studi Forense – Euroconference